mercoledì 18 gennaio 2017

... 18 gennaio 2017 - Il ponte romano sull'Isonzo a Ronchi dei Legionari di Gianni Segatto


Il ponte romano sull’Isonzo a Ronchi dei Legionari
estratto fedele dal libro “Il ponte romano di Ronchi e l’assedio di Aquileia” di Gianni Segatto
 pubblicato con espressa autorizzazione dell’autore
…. Eppure è lì…come tutti gli storici accreditati concordano, l’antico Ponte Romano, nel luogo dove l’Impero lo volle per unire l’Italia al nord d’Europa.

Questo ponte che soddisfaceva le comunicazioni verso i popoli del nord, (ancora barbari), gli interessi di egemonia e nello stesso tempo di acculturamento, è stato localizzato, già da alcuni secoli (1680), ad un centinaio di metri dalla attuale chiesa di San Lorenzo di Ronchi dei Legionari verso est.

Il sito, (nel quale esiste da sempre, una radice carsica emergente formante un promontorio), era la parte solida, che dava appoggio alla testata occidentale del manufatto, presumibilmente costruito all'alba dell’era cristiana; e nelle vicinanze, i resti di quello che si stima essere stato un presidio romano fra il I° e II° secolo d.C., esiste oggi una villa (un rudere ormai n.d.r.) con alcune realtà rurali (conosciuta come villa “Hinke”).

Ora, consideriamo da una semplice rivisitazione del periodo storico che, attraverso testi documentati da autori accreditati quali: il Basiglio Asquini (Udine, 1682; Udine, 1745) e dal volume del G.F. Pochar, (Cormons, 1849; Mariano, 1902) nonché dal noto storico (Giacomo Filippo del Ben); nell'apprezzare il suo manoscritto desunto e tratto da testi eruditi; ora in possesso di famiglie facoltose e in primis, da biblioteche e archivi ecclesiastici, nobile storico e benemerito, divulgatore di tale manoscritto intitolato “Notizie storiche e geografiche della Desena e del territorio di Monfalcone.” Vissuto tra il 1729 e il 1801; nel quale ebbe occasione di compilare questo volume verificando direttamente e fissando nella nostra storia, vicende e aneddoti fondamentali, per poter riflettere e giungere a conclusioni realistiche.

Il del Ben; fece del suo lavoro un punto fermo, considerando il monfalconese territorio antichissimo, essendo nato a Monfalcone e vissuto ad Ariis, nella sua modesta tenuta; (vedi a pag.10 del volume a lui dedicato).
Dai documenti citati dagli autori, così si può dedurre: questo ponte data la sua capienza è indicato su varie mappe antiche, nella località che và dallo sperone di Villa Hinke alla propaggine dello Zochet, in direzione est; valutando la sua lunghezza di circa duecento metri, e sospeso su cinque arcate, composto da grosse pietre finemente squadrate e lavorate con incisioni e decorazioni di figure degli dei protettori; e ancora con lapidi sepolcrali; indicanti nomi gloriosi di condottieri.

Tutto questo è stato documentato all'epoca (1680) del suo primo ritrovamento in occasione di scavi per il recupero di sabbie; vennero così alla luce vari particolari di pietre e frammenti indicanti i soggetti sopra descritti; nel primo sondaggio, a circa quindici passi dal promontorio esistente della villa “Hinke”, si rinvennero bellissime pietre lavorate a scalpello asserventi al pilastro reggente, uno dei primi archi a tutto sesto, (come da architettura romana); perciò si continuò il recupero di gran quantità del materiale; parte di questo servì alla costruzione del campanile: ancora mancante nel 1734 all'originale chiesuola del 1400 dedicata a San Paolo e detta della bella pittura (vedi “Bisiacaria” 1993 a pag.43, autore Silvio Domini) questo è verificabile ancor oggi, nella cella campanaria l’iscrizione latina su struttura murata, nella facciata della più recente chiesa di San Polo, dedicata a San Giuseppe chiusa da tempo.

Successivamente all'anno 1762, nell'escavo di un fosso nella proprietà dei Conti Girardi di Ronchi, alla distanza sessanta passi dal primo ritrovamento, verso la strada conducente l’abitato di Selz; adiacente alla prima propaggine dello Zochet (inizio dei colli della Rocca di Monfalcone); furono estratti altri blocchi ben rifiniti, con figure lapidarie, che servirono ai proprietari per incassarle nel muro sotto il portico della loro villa di Ronchi nel “Cao de sora”.

Da questo ulteriore ritrovamento, altri proprietari del sito nella persona del sig. Giobatta de Dottori, vollero continuare lo scavo anche nella proprietà del sig. Francesco Toscano, di lui cognato abitante a Gradisca, e alla distanze di sette passi circa, ad una maggiore profondità altre pietre bellissime si estrassero, convenendo trattasi del secondo pilastro; tanto che si contarono in gran quantità, settantadue carri di certo valore.

Tutto questo è stato venduto dal sig. Toscano a certo sig. Tagliapietra Giuliano di Gradisca; dopodiché il tutto è stato disperso in varie collocazioni bisognose di materiali pronti all'uso.
Quel che rimane è il solo ricordo di coloro che vissero quei momenti e che “l’ASQUINI” incluse nel suo “RAGGUAGLIO”, concretizzando così come è stato anticamente indicato dallo storico Erodiano.

Di questa struttura al giorno d’oggi, solo intuitivamente si evince il giusto insediamento, occultato da vari interventi dell’uomo moderno: dalla costruzione ferroviaria austroungarica della seconda metà dell’800, intersecando esattamente il suo antico alveo, innalzando fortemente il piano; e ancora, nei primi anni del ‘900, necessariamente per il progetto dell’agro monfalconese, si dovette seguire la linea ferroviaria per dare corso in parallelo al canale de Dottori, ed eseguire l’opera irrigua; rimescolando così ulteriormente il luogo storico; cioè tra il promontorio della Villa Hinke e lo sperone carsico dello Zochet.

Il ponte in questione si presume costruito quando Roma era nel suo massimo splendore, tra il primo/secondo secolo d.C. e Aquileia godeva grande prestigio, il nostro territorio si arricchiva di villaggi e case patrizie lussuose, lastricate con mosaici policromi, vedi villa romana scoperta da uno scavo fortuito, vicino all'aeroporto, a un tiro di schioppo dalla frazione di Soleschiano; e altri molteplici ritrovamenti in tutto il territorio, facendo pensare ad uno dei primi insediamenti importanti dell’epoca, indicante una delle tante possessioni romane (praedium sollustianum).

Questo ponte aveva il compito di eludere i vari guadi insicuri dalle molteplici piene del fiume; e procedere con sicurezza senza intoppi la via Gemina; arteria consolare che partendo da Aquileia, attraversava il nostro territorio superando questo importante manufatto dividendosi in due rami; uno si orientava verso Trieste e l’Istria, e l’altro superava le prime alture carsiche, evitando le basse dei laghetti carsici, oltrepassava la valle del Fischiash e da lì lungo il Vipacco, giungeva a Emona (ora Lubiana).

Nei pressi della testata occidentale, dove ora esiste la villa Hinke, si presume sia esistito una stazione di sosta; per poi intraprendere lunghe marce; perciò la presenza nel sito di una stazione per il cambio di cavalli, riparazione dei carri, nonché vari approvvigionamenti, e una struttura di guardi per gli armigeri; a protezione dei passaggi di carovane con i loro consoli, (strade consolari), per le varie missive ai contatti con altri popoli; primaria importanza di questo ponte per il superamento rapido del fiume, a servizio degli eserciti romani, in odore di ulteriori conquiste.

Questa colossale costruzione sul fiume Aesontium che da Sagrado giungeva alla propaggine del colle San Elia, voltava bruscamente accostandosi alle falde del Sei busi, e infilandosi oltre Vermegliano fino all’abitato di Selz; alchè con gran curva, riusciva a passare fra questi due speroni, (Villa Hinkel – Zochet) proseguendo in direzione di Staranzano diramandosi in modo spontaneo a seconda delle piene, concludendo il suo corso nel bacino di Panzano.

APPENDICE:
Oggi a testimonianza di questi ritrovamenti  storici (come spezzoni da manufatti di materiale litico di epoca imperiale); si può ragionevolmente intuire e osservare su una di queste vestigia un composto di forma monolite ritrovato nei pressi, che da tempo è stato collocato e incastonato al finire del muro di cinta a filo di strada della presente Canonica di San Lorenzo. Di questa pietra, con base di cm 80 per cm 52 alta metri 1,40 circa, e lavorata grezzamente, (con esplicita espressione fallica), indica un luogo di piacere, che giustifica un presidio di armigeri a guardia del ponte.
Ancora come prova esplicita di questi spezzoni, ritrovati nell'escavo di sabbie in profondità (nel luogo indicato nel manufatto), sono due di dimensioni importanti (cm 100 – cm 50 a vista) di materiale calcareo, che evidenziano fessurazioni e nicchie incavate, dando la certezza d attività di molluschi acquatici da tempo immersi nell'acqua, e con in evidenza l’incavo dell’arpese, per la legatura tipica dei manufatti dell’epoca; questo si può verificare negli angoli esterni della Canonica, in posizione orizzontale a filo del marciapiede, (facilmente deducibile per rafforzare le basi più critiche della struttura), questo è stato notato quando alcuni anni fa, si rifece l’intonaco della facciata dell’edificio che, con oculato garbo, nel rifacimento delle malte, si è deciso di lasciare scoperto e bene in vista, questi conci, per evidenziare e testimoniare, con quanto pregio architettonico era costruito questo antico e magnifico “Ponte romano di Ronchi”.

ringrazio l'autore e pittore Gianni Segatto per la gentile concessione a pubblicare il presente estratto